Nella zona di Tricase Porto la pesca si esercitava prevalentemente entro 3 – 4 miglia dalla costa, ed in alcuni punti particolari lungo la costa le cosiddette piscare o pascare. Queste, costituivano delle mete quotidiane, conosciute da secoli, verso le quali i pescatori dirigevano le loro imbarcazioni, e che prendevano il nome dalla fantasia popolare ispirata da particolari conformazioni o particolarità geologiche o geografiche degli scogli o dei fondali.
La tradizione prevedeva che tutti avessero il diritto di pescare su ciascuna piscara ma, una volta assicuratoselo, occorreva preservare il diritto di pesca con un chiaro e preciso rituale. Le reti del pescatore, titolare del diritto in quel momento, dovevano essere calate ogni sera, all'imbrunire, o anche solo immerse nel mare. Era quindi essenziale che, dalla costa o dal mare, si vedesse la barca del pescatore intenta a “segnare il territorio” immergendo le reti.
Altro rito da compiere consisteva nel realizzare un segnale personale, spesso un cerchio di cavo distintamente riconoscibile e nell’appenderlo ad uno spuntone di roccia nei pressi della piscara.
Il diritto di pesca decadeva immediatamente se per negligenza o per l'avvento di una mareggiata, fosse divenuto impossibile proseguire il rito di calare le reti.
Vati e Piscare di Tricase
Da sud a nord, dalla Marina di Tiggiano alla Torre del Sasso: Turre Uscenti, Durfinu, Scariceddhu, Furcata, Rutteddhe, Pescuranca, Scianneddha, Canale du Riu, Casteddhu, Custantina, Calu, Scalamasciu, Scala Prevala, Casteddhu, Punta de’ Canne, Durfinu, Totala, Capu de Munti, Caddhuzzu, Punta Lingua, Fiumi, Barrattonne, Scianneddha, Calu