La zona più antica ed originaria del Porto di Tricase, ossia l’insenatura naturale primaria, è rimasta sostanzialmente intoccata nel corso dei secoli. Rappresenta il nucleo storico che, a partire delle epoche più remote, è stato visto e vissuto dai naviganti come è attualmente, senza cambiamenti paesaggistici e funzionali di rilievo o di particolare impatto. Tale integrità rappresenta pertanto un valore grandissimo ai fini della valorizzazione di un luogo rimasto fondamentalmente intatto nel corso dei millenni.
Tale area del Porto di Tricase era l’antico Portus Veneris, dove la leggenda vuole sia sbarcata parte della flotta troiana, nella virgiliana epica di Enea; egli trovandovi amenità, comodità, ricchezza di risorse, dedicò il luogo proprio alla madre, dea della bellezza. L’identificazione dell’insenatura con l’antico Portus Veneris è attestata da numerose carte geografiche, disegnate soprattutto nel XVII secolo.
Il Portus Veneris, dunque, era una insenatura naturale, penetrante per circa duecento metri all’interno di una costa alta e rocciosa, ma ricca di grotte naturali, di declivi dolci, ricchi di lussureggiante vegetazione, selvatica prima, poi coltivati con alberi da frutto di tutte le varietà.
Nella parte più interna dell’insenatura, ossia l’area in oggetto, la presenza di un arenile naturale permetteva un agile e comodo approdo, potendo le imbarcazioni dolcemente attraccare per lo sbarco e l’imbarco di uomini e merci.
La presenza di grotte e di acqua dolce sorgiva costituiva un’ulteriore risorsa, essenziale per tutti i naviganti, che, nel corso dei secoli, impararono a considerare l’approdo come punto fondamentale nella costa meridionale adriatica della Puglia. In merito, ricordiamo che il porto di Tricase era il più sicuro tra Brindisi e Gallipoli, prima dei più recenti interventi di espansione e messa in sicurezza di Otranto, Santa Maria di Leuca ed altri approdi minori.
Il porto di Tricase, dunque, era approdo piccolo, ma importantissimo, ed i naviganti, in pratica, giungevano nel suo interno ormeggiando e sbarcando nell’area più interna, il seno con un comodo arenile, circondato da grotte.